Greenpeace: 'Amazzonia arrosto', ma Lula difende i 'grandi investimenti'

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Un’area pari alla superficie della Grecia: è quella distrutta nella foresta amazzonica tra il 2000 e il 2007 soprattutto per far spazio al pascolo di bovini. Lo denuncia il rapporto di Greenpeace "Amazzonia arrosto" (in .pdf). "Il polmone del mondo nello stato del Mato Grosso è la regione con il più alto tasso di deforestazione e quasi l'80% delle aree recentemente deforestate in Amazzonia è stato destinato al pascolo" - sottolinea Greenpeace. Dal 1996 al 2006 ben 10 milioni di ettari - un'area pari a un terzo l'Italia - sono stati tagliati a raso a causa dell'allevamento bovino. Oggi il Brasile, che possiede la mandria commerciale più grande del mondo, è il principale esportatore di carne e pelle bovina e "il governo brasiliano entro il 2018 intende raddoppiare la propria capacità di esportare questi prodotti".

"Il Brasile è il quarto paese emettitore di Co2 a livello globale: un un paese in cui il 3/4 dei gas serra (GHG) emessi dipendono proprio dalla deforestazione, il governo dovrebbe prendere misure drastiche per fermare anziché stimolare l'espansione delle attività legate all'allevamento" - afferma Greenpeace che oltre al rapporto ha presentato nei giorni scorsi un videoblog ed un reportage fotografico. Il rapporto fornisce una mappatura delle aree destinate a pascolo nella porzione di Amazzonia compresa amministrativamente nello Stato del Mato Grosso e analizza le immagini prodotte dal satellite. "Amazzonia arrosto" non si limita alla denuncia ma fa anche proposte sulle misure che il governo brasiliano devrebbe adottare per raggiungere l'obiettivo "deforestazione zero" entro il 2015, quando le emissioni di gas serra dovranno iniziare a calare drasticamente a livello globale.

Ieri il presidente Lula - che temendo contestazioni non ha partecipato all'incontro del Forum Sociale Mondiale con i movimenti contadini ma che ha partecipato al comizio serale con gli altri presidenti latinoamericani - in un'intervista esclusiva al quotidiano 'Liberal' riportata in parte da Vita online ha difeso la sua politica di grandi investimenti per le infrastrutture per lo sviluppo dell'Amazzonia. "E' possibile sviluppare la regione dell'Amazzonia senza distruggerla" - ha affermato Lula. Il presidente brasiliano ha però ribadito che non farà alcun passo indietro sui grandi investimenti per le infrastrutture confermando che gli investimenti riservati al PAC (il piano delle infrastrutture) aumenteranno del 26%, passando entro il 2010 da 504 miliardi di reais a oltre 636 miliardi.

"Per Lula e il suo governo – ha commentato il teologo della liberazione Leonardo Boff – l'ecologia è prima di tutto un ostacolo allo sviluppo". L'accento messo dallo Stato brasiliano sulla produzione di biocarburanti e la forte accelerazione dell'esportazione di carne bovina hanno addirittura aver peggiorato la situazione. I membri della delegazione svizzera presente al Forum sociale lo hanno potuto constatare la distruzione coi loro occhi nella regione di Ulianopolis, a sud di Belém, dove si stima che negli ultimi anni siano andati persi circa 18 mila chilometri quadrati di foresta primaria, un terzo della superficie della Svizzera.

Va ricordato che lo scorso maggio il Ministero dell’Ambiente, Marina Silva - discepola di Chico Mendes e ex-sindacalista della CUT dell’Acre – si è dimessa dall’incarico di ministro dopo l’ennesimo contrasto nella compagine governativa cedendo il passo ad un’altra donna al Governo, il ministro della Casa Civil, Dilma Rousseff coordinatrice del PAC (Programa de Aceleração do Crescimento) che include anche in Amazzonia la costruzione di nuove grandi centrali idroelettriche. In un'ampia analisi, Gianni Alioti sottolinea che "Marina Silva ha lasciato il ministero con due risultati importanti nella sua lotta per la conservazione dell’Amazzonia: il totale delle aree protette a livello federale è cresciuto del 66% in cinque anni e l’indice annuo di deforestazione si è ridotto del 60% dal 2004 al 2007".

Ma - prosegue Alioti - "il calo della deforestazione per tre anni di fila, in una congiuntura di cambiamenti climatici e pressioni internazionali, è stato un fatto positivo, ma non strutturale. La crescita dell’indice di deforestazione nel 2008, se pur di poco, conferma che senza cambiare la struttura economica e fondiaria dell’Amazzonia e puntando appena sull’intensificazione dei controlli, non è possibile invertire stabilmente il processo di deforestazione (non provocato solo da forze illegali). Possiamo affermare che con l’uscita di Marina Silva è finito un ciclo della politica del Governo Lula per l’Amazzonia".

"A sostegno della difesa della più grande foresta pluviale del pianeta - conclude Alioti - il Governo Lula nell’agosto 2008 ha creato un 'Fondo Mondiale per l'Amazzonia', con l’obiettivo di raccogliere almeno 21 miliardi di dollari di donazioni entro il 2021. L'Amazzonia diventa quindi un problema di tutti, ed ogni paese può contribuire alla sua salvezza, ma salvaguardando la sovranità del Brasile sulla regione. La Norvegia è il primo paese ad aver aderito al fondo, stanziando un miliardo di dollari nei prossimi sette anni. [GB]

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